In Olanda per amore della ricerca e non solo

di Michela Casadei

Francesca Sangiorgi è stata una delle primissime studentesse a essersi laureate a Scienze Ambientali nel 1996. Oggi vive stabilmente in Olanda dove insegna alla facoltà di Geoscienze dell’ università di Utrech. Il suo è stato un percorso professionale e di vita molto bello, che corre tra la determinazione e il sentimento, la forza e la passione.

Francesca Sangiorgi

Francesca Sangiorgi

Da Ravenna all’Olanda, raccontaci come sei arrivata là.
“Sono arrivata a Utrecht per la prima volta nel 1999, l’idea era di stare un paio di mesi, per un corso di specializzazione che sarebbe servito ad aiutarmi nel mio progetto di dottorato in Scienze Ambientali. Il mio trasferimento è nato da una necessità e una serie di coincidenze. Il progetto che mi ero proposta era a un punto fermo, e durante un convegno incontrai una collega che mi disse: “fai le valige subito, e parti! Le migliori opzioni per il tuo progetto sono Olanda (Utrecht) o Norvegia (Olso)”. Così io che non avevo neanche mai considerato di andare a visitare quei paesi così freddi, buttai un occhio alla cartina e decisi di andare nel posto più’ a sud dei due proposti. Sono partita fra le lacrime, in un freddo giorno di febbraio, ma in fondo dovevo rimanere per 2 mesi, e poi … ho fatto la spola fra Italia e Olanda, per 5 anni! Dopo il dottorato, ho vinto un paio di borse di studio e programmi per ricercatori all’estero e questo mi ha aiutata a passare ancora molto tempo in Olanda. Così, da 11 anni sono fissa in Olanda … nel frattempo ho anche un marito olandese e due bambini. Sono partita determinatissima, la volontà di mandare avanti la mia ricerca veniva prima di tutto, poi le possibilità offerte qui mi hanno subito entusiasmato, mi hanno aperto gli occhi, e quando c’è stata l’occasione, cioè quando mi hanno offerto un contratto lungo, sono rimasta. E poi da qualche anno ho il famoso ‘posto fisso’.

Adesso insegni nella più prestigiosa università olandese. È stata dura arrivare fino a lì? Com’è la tua giornata tipo?
Trasferirsi in Olanda, arrivare a insegnare e avere il posto fisso in questo Paese è stato un bel traguardo, molto duro: c’è una competitività altissima, si deve dare tutto, e anche di più, soprattutto quando si è donne e anche straniere. Direi che sono l’unica donna straniera che ha il posto fisso nel mio dipartimento. L’ambiente universitario olandese è molto maschilista, se vi interessa saperlo!

La mia giornata tipo? Con due bambini (di 6 e 10 anni), si può definire un incastro magico, oppure un domino: tutto deve avvenire esattamente quando è programmato, o parte la reazione a catena. In ogni caso, ora, con le responsabilità che ho, la mia giornata è fatta di lezioni, supervisione di studenti e dottorandi, network nazionale e internazionale dei progetti in cui sono coinvolta (leggasi: decine e decine di email o telefonate), meeting e ancora meeting.

A volte mi sembra di entrare in un frullatore quando apro la porta dell’ufficio e ne esco centrifugata la sera.

Spesso, ma non più così spesso come prima di avere i figli, sono in viaggio per convegni e meeting. La sera, dopo cena, quando i bambini sono a letto, è spesso (troppo spesso) dedicata alla ricerca, correzione o scrittura di articoli o correzione di tesi, preparazione di lezioni. All’inizio non era così, ma più si invecchia più le responsabilità aumentano, meno c’è tempo per fare ricerca, purtroppo.

Com’è vivere e lavorare in Olanda? Cosa l’università in questo Paese potrebbe insegnare a quella italiana? E viceversa.
Vivere e lavorare qui è un compromesso. L’Olanda è il posto migliore dove entrambi, mio marito e io, abbiamo un buon lavoro (e un buon stipendio), soddisfazioni professionali e dove è la nostra famiglia. L’Olanda è un posto dove i diritti del cittadino, il rispetto, il sociale sono a livelli altissimi.

La ricerca è a livelli altissimi. Io vedo girare per i corridoi del dipartimento i più grandi personaggi scientifici del campo di cui mi occupo, che decidono di venire da noi per un periodo sabbatico, per fare una lezione, per una visita. La scienza insomma si respira per i corridoi.

Si vive bene, decentemente, ma io in Italia rinasco, ritengo ancora che la qualità della vita in Italia sia migliore, io vivo meglio in Italia, ma forse perché torno a casa (Ravenna è e sarà sempre la mia casa) da turista. In tanti mi dicono che non si sta bene, forse sono all’estero da troppo tempo. E infatti tanti, tantissimi italiani sono in Olanda e nel resto del mondo.

Francesca Sangiorgi

Francesca Sangiorgi

L’università italiana dovrebbe imparare da quella olandese che il successo della ricerca, la centralità e l’importanza di una università si creano solo ed esclusivamente se il sistema è meritocratico. Dare gli strumenti, soprattutto finanziari, e non chiudersi. L’università italiana, purtroppo, non è competitiva, in generale, ci sono molte eccellenze, ma è troppo chiusa in se stessa.

Anche se ho il posto fisso, io so che qui in Olanda potrei essere licenziata, non è una bella cosa, ma aiuta a pensare che se non si fa il proprio dovere, bye bye. E il proprio dovere, il merito, vengono valutati onestamente, sulla base di fatti, di pubblicazioni, di progetti, etc.

Scienze ambientali a Ravenna, quando ti sei laureata tu erano i primi anni di vita del corso: che ricordi hai di quel periodo? 
Sono stata fra i primi laureati e nella ronda dei primi dottori di ricerca. Il ricordo degli anni di università, quando ancora c’era il numero chiuso e un gruppo di studenti motivatissimi, è fra i più dolci e divertenti della mia vita.

I miei più cari amici, quelli che quando torno in Italia non vedo l’ora di incontrare, sono proprio i miei ex compagni di università.

Eravamo un gruppetto di ragazzi in gamba, quante risate, quante cose ed esperienze condivise, quante serate in tavernetta da Ivano, con fuoco acceso e chitarra, quanti ricordi, se continuo mi viene da piangere. Li adoro tutti, ne abbiamo fatte tante insieme, eravamo insieme tutte le settimane, tutti i giorni in università, era come una grande famiglia, e poi fuori dall’università, cene, canzoni e chiacchiere infinite, e risate … ancora riusciamo a prenderci in giro e a ridere come 25 anni fa … mamma mia una vita.

La tavernetta di Ivano

La tavernetta di Ivano

Ale, Franz, Ivano, Manu, Sabi (rigorosamente in ordine alfabetico per non suscitare gelosie), lo zoccolo duro: sapevamo tutto di tutti, venivano persino discussi pregi e difetti di morose e morosi, anche loro dovevano poter entrare nel ‘gruppo’ durante le NOSTRE serate ed essere accettati! Ma anche Carla, Giannino, Steve, che allora vedevo meno, ma adesso vedo quando torno, siamo ancora un gran bel gruppo di quasi cinquantenni, ma come è possibile? A me sembra di averne ancora 20 di anni.
I proff: li conoscevano tutti benissimo, anche loro facevano parte della nostra vita quotidiana, anche loro erano a volte materia della nostre risate. E mi fermo qui perché non posso andare oltre.
Alcuni proff. sono poi diventati colleghi dopo il dottorato, e devo ammettere che io ho sempre avuto un buon rapporto (oltre ad un buon ricordo) di quasi tutti. Credo che ci considerassero un po’ i loro figli, in quanto primi laureati, e hanno sempre avuto una grande stima di noi. Con una dei miei relatori di laurea e dottorato, la prof.ssa Boni ho sempre avuto un rapporto di stima e di amicizia, mi chiamava ‘la mia Franceschina’. E ogni tanto ci scriviamo ancora.
Ma se c’è un prof. a cui devo tantissimo per le possibilità che mi ha dato, per la stima, gli stimoli e anche l’affetto mostrato è il prof. Gabbianelli. Siamo ancora in contatto, ci vediamo regolarmente quando torno in Italia, e stima ed affetto sono reciproci. Sapere che quest’anno va in pensione mi fa un gran effetto, sapere che un nostro sogno/progetto non si avvererà (non chiedetemi cos’è) mi rammarica molto, ma c’est la vie! E sì non riesco ancora a dargli del tu, sarà sempre il ‘mio prof’.

Sei soddisfatta dei tuoi studi a Ravenna? Ti iscriveresti di nuovo Scienze ambientali?
Sì, rifarei Scienze Ambientali. Quello che ho imparato mi aiuta a preparare le mie lezioni ancora oggi.

Scienze Ambientali è un corso di laurea che non ha nulla, ma proprio nulla da invidiare, ai corsi che gli studenti hanno qui ad Utrecht.

Io ho imparato tanto, anche più di quello che pensavo mentre studiavo, e sto ancora usando il mio corso di studi di laurea per sviluppare un master a Utrecht. Ravenna era mille anni luce avanti nella strutturazione di un corso come Scienze Ambientali. La sua multidisciplinarità mi ha insegnato tanto e quando sono arrivata in Olanda ho subito capito che la mia visione ampia dell’ambiente, la mia capacità di pensare multi-disciplina era quello che mi differenziava, in positivo, rispetto agli studenti olandesi. Mi piacerebbe tornare a insegnare a Ravenna per vedere cosa è cambiato, cosa è rimasto, e come.

Quale consiglio daresti a uno studente che voglia intraprendere oggi un percorso simile al tuo? È davvero vero che un giovane laureato deve andare per forza all’estero per ‘arrivare’?
Lo dicevo già quando facevo lezione a Ravenna, lo dico sempre a tutti i miei studenti anche qui.

Non importa se ci si laurea un anno dopo, andate, muovetevi, vivete esperienze, cogliete le occasioni, andate all’estero almeno a vedere cosa succede, che aria si respira.

Non è vero che uno per arrivare deve andare all’estero, molti dei miei amici ed ex compagni di università non sono mai andati all’estero e hanno fatto carriere anche migliori della mia. Ma andare via per un periodo anche corto è un MUST, un cosiddetto eye-opener. Se si rimane sempre e solo in Italia, o sempre e solo in una Università, si rischia di perdere quella che potrebbe essere l’esperienza più bella della propria vita, una esperienza di crescita intellettuale e personale incredibile.
L’aereo di ritorno ci sarà sempre se proprio si vuole tornare.

Foto copertina: Instagram @mafalda244

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Michela Casadei
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dal lunedì al venerdì 8.30 - 14.30