Gozzi e l’eredità dei diritti umani

di Michela Casadei

L’entusiasmo degli esordi, i timori di costruire dal nulla, gli anni straordinari del decollo. Il ‘palazzino’ stupendo, i progetti realizzati, i sogni rimasti nel cassetto. Per tutto questo, grazie prof. Gozzi. La sobrietà, l’eleganza, l’umanità, il pensiero raffinato, il carisma intellettuale, la dedizione agli studenti, la passione al lavoro.

È il padre degli studi in cooperazione internazionale a Ravenna. L’uomo che, da quel lontano 2000 quando vinse la cattedra in città e fu la guida del percorso voluto da Carile, a oggi, non ha mai smesso di costruire e aggiungere tasselli al progetto di rendere i diritti umani e la cooperazione internazionale una specificità formativa e culturale tutta ravennate.

Gustavo Gozzi da novembre è professore Alma mater a titolo gratuito. Si dice così quando, raggiunta la pensione, il rettore concede al docente di continuare per altri due anni l’attività didattica. “Per me è solo un modo meno drastico di concludere l’attività”, dice svelando una punta di amarezza, naturale stato d’animo per chi, come lui, ha fatto del suo lavoro una esperienza di vita. “Sono comunque felice: so di aver dato un contributo e di aver creato tanti bravi allievi”.

E l’eredità lasciata dal professore è tanta. Oggi Ravenna vanta infatti una realtà formativa unica in tutto l’Ateneo. Sono trascorsi diciotto anni da che tutto è partito.

“Arrivai a Ravenna pieno di entusiasmo. L’incarico che mi era stato affidato – spiega Gozzi – era molto stimolante: costruire da zero un percorso di studi. Allo stesso tempo, non lo nascondo, mi preoccupava: io germanista, filosofo con una formazione tedesca, alle prese con la cultura orientale e del Mediterraneo, mi sarei dovuto cimentare con una realtà completamente nuova”.

Gozzi racconta gli esordi a Ravenna, quando “non c’era nulla: né lavagne, né cattedre, né banchi nella sede dell’ex seminario arcivescovile. E io mi ritrovai a fare pure il geometra e a occuparmi non solo di contratti, ma anche di attrezzature e spazi”.

I ricordi sono limpidi. “Furono anni bellissimi, in cui i rapporti con la Facoltà di Beni Culturali erano molto stimolanti. Con i proff. Panaino, Callieri e Tomassini riuscimmo ad avviare un corso, il Ceom (Civiltà dell’Europa Orientale e del Mediterraneo), che non esisteva in Italia: un connubio unico tra discipline umanistiche e scienze politiche”.

Il tempo passa e, tra il 2006 e il 2011, la necessità di definire una assoluta specificità del corso lo trasforma in una laurea specialistica con nome sempre lunghissimo: Cooperazione internazionale regolazione e tutela dei diritti e dei beni etnoculturali. Il corso di laurea ha una crescita straordinaria: a essere premiata è l’originalità degli insegnamenti. Nel 2012 diventa laurea magistrale e prende il nome di Cooperazione internazionale tutela dei diritti umani e beni culturali nel Mediterraneo e in Eurasia”. È il frutto della collaborazione del dipartimento di Beni Culturali con due dipartimenti: Scienze politiche e sociali, e Scienze giuridiche: “una sintesi unica, con al centro i diritti umani, tema che da questo momento in poi distinguerà Ravenna, e che io ho sempre saldamente difeso – spiega il docente.

“Ricordo che in fase di discussione del titolo da dare alla laurea qualcuno era contrario a inserire la voce ‘diritti umani’. Non potevo accettarlo, i diritti umani sono un concetto chiave: d’accordo con Panaino chiamai il rettore Calzolari. Era notte fonda, ma non importava. Lui comprese e avviò la procedura per reintrodurre il concetto”.

A quel punto serviva una sede che desse identità al corso. Calzolari venne a Ravenna e furono vagliate alcune possibilità. “Alla fine mi telefonò dicendo: ti ho trovato un ‘palazzino’ stupendo – racconta il prof. sorridendo”. Era palazzo Verdi. Fu un altro passaggio importante.

E siamo ai giorni nostri. Da lì in poi il corso in Cooperazione è stato un costante moltiplicatore di idee, progetti e iniziative sul territorio. Sono nate collaborazioni con scuole, forze dell’ordine, istituzioni; sono stati organizzati convegni, incontri, invitate personalità e testimoni illustri del nostro tempo. Una ricchezza straordinaria per la città.

“Tutti gli insegnamenti sono sempre stati molto più che semplici corsi: piuttosto veri e propri laboratori culturali, luoghi in cui si crea il nuovo”, spiega con orgoglio Gozzi. In questo terreno così fertile, il professore ha saputo far nascere un’ultima perla, la laurea magistrale in International Cooperation on Human Rights and intercultural Heritage interamente in lingua inglese, che ora è coordinato dal professor Mario Neve e ha subito richiamato centinaia di candidati da tutto il mondo.

Manca solo un tassello al quadro composto dal docente. Un sogno sempre avuto nel cassetto, che ora, a carriera conclusa, resta per Gozzi un auspicio per il futuro. Realizzare a Ravenna un centro studi e ricerche dedicato alla cooperazione e ai diritti umani nel Mediterraneo. “Una realtà del genere, in grado di mettere in luce gli aspetti culturali, politici economici di questa area, con carattere interdipartimentale, oggi non esiste in Italia, solo a Barcellona. Per Ravenna – spiega il docente – sarebbe la conferma del ruolo di città italiana di riferimento nell’ambito degli studi in questo campo”.

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