Guido in via di gioia parlando Catalano

di Lara Mannu

Ieri sera sono andata al Bronson a vedere lo spettacolo di un ‘poeta professionista vivente’, come lui stesso si è definito, Guido Catalano. E chi è Guido Catalano? Per non rovinarmi la sorpresa, seguendo lo stesso principio che mi spinge a non leggere il foglio di sala a teatro, ho evitato di cercare informazioni. Arriviamo davanti all’ingresso del Bronson e c’è una lunga coda ad attenderci. È famoso, penso. Entriamo e la sala è piena di file di sedie rosse di velluto, una specie di teatro improvvisato, in sottofondo le canzoni di una band australiana, Boy & Bear, che suonerà al Bronson l’11 marzo.

Sul palco ci sono un microfono, una poltrona, una lampada che emana una luce rossa. Ci accomodiamo in decima fila visto che i posti davanti sono tutti occupati. La sala è piena e la mia curiosità aumenta. Sul palco fanno il loro ingresso quattro ragazzi che iniziano a cantare una canzone che, con un ritmo incalzante e un testo molto divertente, critica apertamente l’influenza che i media hanno sulla società. Si presentano: sono gli Eugenio in via di gioia, un gruppo di Torino che consiglio a tutti di ascoltare. Con la seconda canzone ci raccontano la ‘creazione’ in maniera molto originale. Il cantante, prima di iniziare, dà a una persona del pubblico il cubo di Rubik chiedendo di rimescolarlo e, giusto il tempo di suonare ‘Prima di tutto ho inventato me stesso’, che tutti i lati del cubo tornano ad essere composti da colori uniformi. Insomma, un gruppo originale, divertente e che, con un’ironia intelligente, ci offre uno spaccato della società contemporanea.

Gli Eugenio in via di gioia ci salutano e io approfitto del momento di pausa per carpire qualche informazione su Guido Catalano. La ragazza di fianco a me, mi racconta che ha comprato il suo romanzo, bellissimo. Quella che sta di fianco a lei mi avvisa ‘è un poeta sui generis, non aspettarti le classiche poesie’. E io davvero non so cosa aspettarmi. Entra un uomo sulla quarantina, con una frangetta a mezza fronte, occhiali con montatura nera e una folta barba. Inizia a leggere poesie che parlano un po’ delle sue pene d’amore e un po’ del suo pene. Il pubblico accompagna la sua esibizione con risate entusiaste e applausi.

Foto instagram @bronsonproduzioni

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La poesia di Catalano è davvero sui generis, così autobiografica da consentire l’immedesimazione nelle sue vicende.
Alla fine dello spettacolo, io e i miei accompagnatori, Filippo e Gioia, ci siamo interrogati sulla comicità. Cos’è che rende un poeta un comico? Cosa suscita l’ilarità della gente? Il fatto di riconoscersi in determinate situazioni o il fatto di pensare di esserne totalmente esterni?

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Michela Casadei