Public History, uno staff per famiglia

di Michela Casadei

“Pensavamo di trovare un gruppo di lavoro e, invece, abbiamo trovato una famiglia”. Così è stato per gli undici volontari, studenti di Beni culturali, più tre servizi civili, una part-time e una servizio volontario europeo, che hanno lavorato fianco a fianco nell’organizzazione del congresso della Public History nei giorni scorsi a Ravenna.

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Un vero e proprio ‘staff’ di instancabili che nella cinque giorni del convegno ha fatto di tutto: dagli accreditamenti alla consegna dei badge, dall’allestimento dei poster all’accoglienza dei convegnisti. Senza sosta, senza orari, anche nelle giornate di festa. “Saremmo restati anche a dormire se ci fosse stato richiesto. A tutti era stato detto che poteva bastare anche una sola giornata di attività. Ma nessuno di noi ha rinunciato anche a un solo istante di questa esperienza”.

Sono davvero entusiasti i ragazzi della Public History, affettuosamente ribattezzati ‘i bambini’ della Public History:

“In questi pochi giorni, si è creata tra noi una complicità che ci ha resi una squadra imbattibile. Abbiamo davvero ‘sgobbato’ e faticato, ma è anche stato bellissimo ingegnarsi, cavarsela in ogni situazione, trovare soluzioni ai problemi che ci si prospettavano, e alla fine essere utili, più e più volte sentirsi dire ‘siete la nostra salvezza’, e vivere un clima di così grande collaborazione tra noi da sentirsi come una grande famiglia, un gruppo invincibile”.

Loro sono Carla Sulliotti, Matteo Telloli, Erica Chiericatti, Giacomo Monti, Alessandro Bertozzi, Federico Baronio, Maria Elena Maieron, Federico Furco, Anna Astore, Alice Stevanato, Zaira Sforzato, Anita Guerra, Benedicta Marinelli, Raffaella Ciarlo, Elisa Menta e Betül Mahmure Onaran.

pizzata di gruppo

“Quando ci hanno proposto di supportare l’organizzazione del convegno come parte di esame del corso di Storia contemporanea, non ci abbiamo pensato due volte. Mentre la maggior parte degli altri studenti si è tirata indietro, pensando a tempo sprecato e sottratto inutilmente allo studio, a noi è sembrata subito un’opportunità: avremmo lavorato, certo, ma allo stesso tempo avremmo vissuto un’esperienza diversa, fuori dalle aule, a contatto diretto con gli studiosi e le materie che altrimenti non avremmo potuto conoscere se non sui libri”.

E in effetti così è stato. Partecipare al congresso, ha catapultato i ragazzi in un clima speciale, inconsueto per loro, studenti di Beni Culturali, ma anche per la stessa città di Ravenna, in questa occasione piacevolmente ‘invasa’ da centinaia di studiosi, convegnisti e appassionati di storia provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo.

“È stato bellissimo respirare questo clima internazionale, parlare le lingue, avere a che fare con tante persone di così tante nazionalità diverse. Ed erano tutte personalità, veri e propri ‘big’, che abbiamo potuto conoscere come convegnisti, ma anche nella loro veste informale nelle tante occasioni extra convegno organizzate per i partecipanti. Ma la vera bella sorpresa è stata per noi trovarci fianco a fianco ai nostri proff. come fossero nostri pari. Non ci saremmo mai sognati di sedere al tavolo con Tomassini, poterlo apprezzare al di là delle sue lezioni, parlando con lui del più del meno, come tra normalissimi amici”.

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Sono stati giorni frenetici, faticosi e per molti versi estenuanti. Su questo i ragazzi sono d’accordo. “Ma ci sono stati anche momenti per ridere e divertirsi. Dopo le cinque, a esempio, complici la stanchezza e il fine giornata, succedevano sempre cose pazze: Giacomo che si spostava lanciandosi con la sedia con le ruote, gli sketch e i balletti alla High School musical di Carla, le battute di Matteo, le gag di Federico, le cene tutti insieme. E come dimenticare la stanza, (la nostra stanza), che prima ci ha visto impazzire e sgobbare a riordinare borsine e attestati, e poi è diventata il nostro rifugio, dove prendere fiato, rifocillarsi con i piatti d’asporto di Gustavo, bere un bicchiere di vino o la grappa, fraternizzare fra di noi e magari, perché no, provolare pure un po’?”.

“Questa esperienza ci ha dato tanto, nutrito la mente e riempito di stimoli. La porteremo sempre con noi. Sarebbe bello poter vivere sempre così intensamente l’università. Sarebbe bello per noi studenti avere altre occasioni come questa a cui partecipare”.

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