Io, la Marti e Ago: rituali da quarantena

di Margherita Rossi

Siamo Margherita, Martina e Agostino, i tre storici coinquilini dell’appartamento B7 in via Le Corbusier, gestito da Fondazione Flaminia. Viviamo lì, infatti, dal 2017, anno in cui io e Martina abbiamo iniziato la triennale in Beni culturali e Agostino la magistrale in Analisi e gestione dell’ambiente. Qui abbiamo passato la nostra quarantena. Questo appartamento prima del lockdown era un punto di ritrovo, soprattutto durante i pranzi domenicali passati in compagnia delle altre coinquiline, amici e soprattutto tanto cibo. Ecco possiamo affermare tutti e tre che il cibo non è mai mancato, soprattutto durante la quarantena: ci siamo dati da fare ai fornelli, tanto che abbiamo pensato più volte di aprire un ristorante, o ancora meglio una piadineria dove potrete assaggiare la nostra specialità: piadina con cipolla stufata, scamorza e salame.

Margherita Rossi

Ma procediamo per gradi. Ricordo che, quando in Italia iniziavano a diffondersi i primi casi, nessuno di noi immaginava che avremmo passato due mesi in casa, infatti inizialmente si parlava di poche settimane, e men che meno che il nostro ultimo anno accademico a Ravenna si sarebbe concluso in questo modo, che avremmo sostenuto gli esami davanti ad una webcam, che non avremmo più visto per tanto tempo i nostri cari.
Era una sera, certamente non come le altre, guardavamo un film, quando iniziò a girare la notizia: “tutta l’Italia è zona rossa!”.
Ci siamo preoccupati, non sapevamo cosa fare né a cosa saremmo andati in contro.
Lo capimmo nelle settimane che seguirono. Così, all’improvviso, dopo cena ci davamo appuntamento sul divano, non più per leggere l’oroscopo, ma per seguire gli spaventosi aggiornamenti sul Coronavirus.

La quarantena piano piano ha assunto un ritmo, una routine tutta sua, tanto che il tempo sembra essere volato. Abbiamo vissuto come una vera e propria famiglia in piccola scala in cui comunque ognuno di noi è riuscito a ritagliare un po’ di tempo per sé stesso: io con le cuffiette alle orecchie e la musica ad alto volume, Martina dipingendo con i colori a olio e Agostino realizzando qualsiasi tipo di impasto per pizza e pane.

Il pane di Agostino

Abbiamo istituito, durante questi due mesi, alcuni piccoli rituali che seppur apparentemente irrilevanti, ci hanno aiutato: tra questi il mio preferito era il caffè post pranzo. Seduti sul muretto del parcheggio immediatamente dietro il nostro palazzo, non avendo né balcone, né giardino, in piena fase di lockdown, questo è diventato un momento prezioso: preparavamo la moka e portavamo giù le tazzine, lì seduti sul muretto, circondati dal cemento, il sole batteva forte e forse, da quando abbiamo assunto questa abitudine, abbiamo preso anche un colorito più sano!

Pausa caffè al muretto

Era un momento essenziale per ossigenare il cervello, per prendere un po’ di sole, lì a parlare e riflettere su ciò che stava succedendo alle nostre vite, al nostro Paese e agli altri, di ciò che ci avrebbe aspettato, fantasticando sul futuro che per tutti e tre porterà radicali cambiamenti, chissà come e in che modi, date le circostanze. Era la pausa rigenerante precedente alla ripresa delle nostre attività che per lo più, ora, si svolgono davanti ad uno schermo.

In questi momenti abbiamo apprezzato come non mai il vento caldo, tipico di quelle città che si affacciano al mare, come Ravenna, che gradualmente ha portato la primavera con tutte le sue graminacee, che fanno starnutire Agostino, e le margherite che Martina raccoglieva, fino a quando non hanno tristemente tagliato l’erba delle aiuole. Quel vento ci portava a riflettere sull’avvenire e a come tutto, di lì a poco, sarebbe cambiato.

Abbiamo vissuto momenti indimenticabili. Certamente in testa alla classifica, e concorderanno i miei compagni di avventure, collocherei il giorno della laurea di Ago. Per noi studenti, all’inizio di tutto ciò, l’idea delle lauree per via telematica era una pazzia, chi mai se lo sarebbe aspettato?
Per l’occasione io e Marti ci siamo vestite di tutto punto dalla vita in su, mentre sotto abbiamo lasciato i pantaloni del pigiama e le pantofole. Avevamo già sperimentato, qualche giorno prima questo look, durante una serata karaoke in cui siamo diventati i Ricchi e Poveri, sempre rigorosamente dalla vita in su e con un componente in meno.
D’altronde con la solita tenuta pigiama e pantofole non ci sentivamo più noi, avevamo bisogno di sentirci belli come quando ci preparavamo per l’aperitivo in Piazza del Popolo, o ancora meglio sulla spiaggia con gli amici, con alcune differenze: noi tre soli e decisamente anni 80.

Laurea di Agostino

E la canzone Figli delle stelle? Quante volte l’abbiamo ascoltata e cantata, la sceglierei come colonna sonora della nostra quarantena: infondeva quella sensazione di leggerezza che ogni tanto mancava a causa dell’emergenza.“Siamo figli delle stelle non ci fermeremo mai per niente al mondo…”.

È in questo modo che ci siamo distratti dalla situazione che ci circondava. Questi nostri piccoli rituali ‘da quarantena’ alla fine sono stati il nostro punto di forza: ci hanno aiutato ad allontanarci anche solo per un po’ dal pensiero di un presente difficile e un futuro molto incerto.

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