Dalla Cina con…Gioia

di Elisa Menta

Si chiama Yeqian Zhong ma per gli amici italiani è semplicemente Gioia. È una dei tanti ragazzi cinesi che ogni anno scelgono Ravenna come città dove vivere e studiare eppure, anche se condividono con noi gioie e dolori di esami e lezioni, cosa sappiamo veramente di quello che li spinge a fare il grande passo dello studio all’estero?

Yeqian Zhong

Yeqian Zhong

Gioia, ad esempio, ha una storia molto particolare: viene da Nanchino, importante capoluogo vicino a Shanghai, considerata “città media” da tutti i cinesi. “Per voi, invece, è una metropoli perché è due volte Milano!”. La Cina e la sua città d’origine, mi spiega, sono tutto un altro mondo rispetto all’Europa. “Prima di venire in Italia studiavo in un liceo di tipo umanistico. In Cina ogni provincia si organizza come vuole, Nanchino ad esempio ha scuole uniche ma ognuno sceglie cosa studiare: tutti abbiamo cinese, inglese e matematica, poi io ho aggiunto storia e geografia ma c’è chi preferisce la politica o la fisica…”.

Alla fine del liceo arriva la scelta dell’Università, proprio come per noi ragazzi italiani, con l’unica differenza che “se per voi è difficile uscirne, perché prima c’è la triennale, poi la magistrale e alla fine un master, da noi è difficilissimo entrare”. Gioia mi spiega infatti il complicatissimo metodo del sistema universitario cinese: ogni studente conclude il liceo con un difficile esame simile alla nostra maturità indicando le Università che più gli interessano ma dove non è certo di essere ammesso perché tutto dipende dal punteggio finale ottenuto. “Il punteggio cambia ogni anno da Università a Università e non viene comunicato, quindi molti ragazzi sono costretti a rifare l’ultimo anno di liceo oppure per paura non scelgono il corso che preferiscono. È come un grande gioco, conta molto la fortuna ma nessuno si lamenta: il sistema è organizzato così perché siamo in tanti a voler studiare all’Università e si vuole puntare sulle reali capacità degli studenti e sul nostro coraggio di scegliere il corso giusto”.

Molti studenti cinesi se non riescono a entrare nelle Università nazionali tentano con quelle estere e ne approfittano per imparare nuove lingue. La storia di Gioia però è diversa: “Ero entrata all’Università di Nanchino, volevo studiare Cinema e Televisione, un corso simile al vostro DAMS. Poi una mia amica ha deciso di trasferirsi in Italia per studiare Pittura all’Accademia di Firenze e mi ha chiesto se volessi accompagnarla. In Cina ci sono tante agenzie che ti aiutano a fare i documenti per venire a studiare in Italia perché da soli è impossibile capire come fare. Ci sono due progetti di collaborazione tra Italia e Cina per gli studenti cinesi, il Marco Polo e il Turandot, io ho partecipato al primo. Alla fine la mia amica non è passata all’Accademia ed è tornata in Cina, io invece sono ancora qui. Strana la vita, vero?”.

Così Gioia fa le valigie e parte per l’Italia dove inizia una nuova vita: prima di tutto gli studenti cinesi devono frequentare dei corsi intensivi di lingua e cultura italiane e dopo aver superato l’esame possono iscriversi all’Università. “Tante città organizzano questi corsi” mi spiega “ma solo Siena, Perugia, Milano e Roma ti fanno poi sostenere anche l’esame. Prima di partire per l’Italia avevo studiato italiano per 2 mesi e avevo un A1-A2, alla fine del corso in Italia devi avere almeno un B1. Io ho studiato a Siena, una città carina e tranquilla ma il corso di italiano intensivo non è stato semplice”.

Superato l’esame, è stata la volta della scelta dell’Università e Gioia non ha avuto dubbi: il cuore l’ha portata a Ravenna per studiare Beni Culturali.

Una volta arrivata in Italia ho deciso che non volevo studiare solo per imparare ma per conoscere meglio la cultura italiana ed europea e Beni Culturali secondo me era la scelta giusta. Mi sono trovata molto bene a Ravenna, la città mi piace. All’inizio era tutto molto difficile ma i professori sono stati bravissimi e mi hanno aiutata tanto, potevo chiedere qualsiasi cosa. Mi ricordo che il prof. Cottignoli, ad esempio, spiegava le parole più difficili proprio per noi cinesi. Poi la possibilità di avere più date per gli esami era molto utile per me, che impiegavo anche un mese per studiare una sola materia”.

laureaA luglio Gioia si è laureata con una tesi sulla Selden Map, una mappa ritrovata nella biblioteca di Oxford, risalente all’epoca Ming e unica nel suo genere: “Anche per la tesi mi hanno aiutato tutti, dagli amici ai professori”. Dopo la laurea è uscita dal progetto Marco Polo e ha proseguito gli studi come una normale studentessa, iscrivendosi a Comunicazione Pubblica e d’Impresa a Bologna. Le maggiori difficoltà Gioia le ha avute nello stile di vita completamente diverso, non tanto all’Università: Cina e Italia sono due mondi opposti, dal cibo fino ai trasporti. “Le città sono più tranquille delle nostre e c’è meno traffico però non dobbiamo aspettare tanto per gli autobus come qui, da noi ne passa uno ogni 3 minuti, in Italia uno ogni mezz’ora. In Italia è sempre tutto in ritardo: ma se ci sono degli orari si devono rispettare! Anche gli scioperi in Cina sono più rari. Appena arrivata a Siena per me era tutto nuovo: anche le cose che sembrano uguali non lo sono, pensa al riso. Voi mangiate il risotto che è sempre riso ma non come il nostro!”.

Da quando vive in Italia, Gioia è tornata in Cina solo una volta per diversi motivi: il viaggio può durare anche 16 ore e “se vuoi laurearti in 3 anni è un problema. Quando torni a casa devi rimanere almeno un mese e sai già che non studierai nulla. Poi non parli più l’italiano e dimentichi molte cose, è come se tornassi indietro. Io ho approfittato di questi anni per viaggiare in Italia e in Europa e conoscere ancora meglio la vostra cultura”.

D’altronde il primo insegnamento ricevuto durante l’Università a Ravenna è stato quello di non aver paura, parlare con i ragazzi italiani, conoscere quello che le stava attorno:

“La mia prima lezione è stata quella della professoressa Paola Degni che ci disse di separarci e sederci vicino agli studenti italiani mentre a loro disse di aiutarci. Ho seguito subito questo consiglio e ho fatto bene perché mi sono fatta tanti amici e ho imparato bene l’italiano. Non c’è niente di meglio per fare amicizie, la cosa più difficile, perché tutti tendiamo a stare in gruppo”.

Gioia con i suoi amici durante la laurea

Gioia con i suoi amici durante la laurea

E il consiglio della professoressa Degni, Gioia l’ha fatto suo: “Ai ragazzi cinesi appena arrivati dico: è normale stare insieme, anzi, è necessario, soprattutto all’inizio. Siamo lontani da casa, abitiamo in un mondo diverso, non conosciamo bene l’italiano e abbiamo bisogno di stare con qualcuno di simile a noi, parlare cinese, sentirci a casa. Poi però bisogna anche vivere questa esperienza, conoscere gli altri studenti italiani e stranieri, stare con loro soprattutto a lezione, fare delle attività”. Gioia, ad esempio, fa parte del coro ravennate Ludus Vocalis e da quando si è trasferita a Bologna anche di quello dell’Università, l’anno scorso ha fatto il part time presso la biblioteca di Campus e ora al laboratorio informatico di Giurisprudenza. “Sono tutte esperienze che consiglio, anche lo scavo: devi stare al caldo sotto il sole ma ti fai tanti amici! Poi è molto pratico: studiamo tutti Metodologia della Ricerca ma se lavori impari di più e ricordi meglio quello che è scritto sul libro”.

Anche dei luoghi comuni non bisogna avere paura: “Quando studiavo a Siena eravamo un gruppo di quasi 400 cinesi ed è normale che gli altri ci notino. A volte capitava che qualcuno ci imitasse nel modo di parlare ma è normale, c’è chi è più simpatico e chi meno. Per noi gli italiani sono molto disponibili e simpatici ma fanno fatica a ricordare il nostro nome!”. Avevo notato che tutti gli studenti cinesi si danno un nome italiano appena arrivati qui ma non capivo bene perché. Scopro che prima di partire i ragazzi scelgono uno dei nomi italiani proposti dall’insegnante perché per noi è difficile ricordare e pronunciare quelli cinesi. “Tanti mi chiedono il vero nome” racconta Gioia “ma anche se lo ripeto 5 volte non lo ricordano. Oppure c’è chi chiede come mi chiamo e quando rispondo con il nome cinese aggiunge: ma un nome italiano non ce l’hai? È una cosa curiosa!”.

Durante la lunga chiacchierata con Gioia ho notato la sua forza e il coraggio di fare un passo così importante, vivere a lungo lontano da casa, imparare una lingua sconosciuta, cambiare abitudini. I suoi occhi brillano mentre mi racconta quello che studia o fa in Italia e il sorriso non si spegne mai. Così, per finire, le chiedo cosa pensa di fare nel futuro, se senta nostalgia e voglia ritornare a casa.

“Non ho ancora le idee chiare” confessa “ma mi piacerebbe rimanere in Italia o, comunque, in Europa. La mia famiglia sente la mancanza ma mi spinge ad andare avanti. Mi piacerebbe lavorare per qualche azienda europea che intrattiene rapporti con la Cina o viceversa, oppure fare la guida turistica o la traduttrice. Vorrei unire i miei studi, la conoscenza della vostra cultura, i Beni Culturali e la laurea in Comunicazione. So che la mia casa è in Cina e posso tornare quando voglio ma ora sono qui. Mi è stata data una grande opportunità e voglio provarci, perché lasciarsela sfuggire?”.

Commenti

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Contatta il responsabile di quest'area?

Michela Casadei
Orari di ricevimento
dal lunedì al venerdì 8.30 - 14.30