Un’impresa da zero: così ho inventato il mio futuro

di Michela Casadei

Dagli studi in Tecnologie per la Conservazione e il Restauro alla costituzione di Memooria, società per la salvaguardia dei beni culturali. Ecco il percorso di Camilla Perondi tra sogni, cadute e risalite. Di quando ha deciso di ‘inventarsi’ il lavoro e ha capito che trovare la propria strada significa avere il coraggio di rivedere le proprie posizioni.

Camilla in laboratorio

Come sei arrivata alla scelta di frequentare Tecore?
Accidenti, cominciamo con una domanda difficile… Sono sempre stata una persona curiosa e creativa, mi piace capire come sono fatte le cose e come funzionano. E visto che sono anche parecchio maldestra ho imparato fin dalla tenera età ad aggiustare ciò che rompevo. Prendi tutto questo e frullalo insieme ad un’infanzia di SuperQuark, un servizio del TG1 sul restauro dei libri che vidi da bambina, il crollo della Basilica di San Francesco nel 1997 che mi turbò non poco, un papà e una mamma che mi hanno fatto conoscere un sacco di cose. Dopo un tentativo a Chimica Industriale, che non rimpiango, mi sono iscritta al corso in Tecnologie per la Conservazione e il Restauro. Ed è stata un’ottima decisione perché mi ha permesso di soddisfare un bel po’ la mia curiosità.

Quali erano le tue ambizioni quando eri studente?
Innanzitutto speravo di trovare lavoro una volta laureata, non è poco considerando la situazione socio-economica in cui ci troviamo. Il mio sogno di allora era di lavorare per un un grande museo in una capitale europea, andarmene dall’Italia. È stata anche la ragione per cui mi sono iscritta alla magistrale internazionale, ma le opportunità disponibili cozzavano con la mia visione quindi è una delle strade che ho scelto di abbandonare, almeno in quella forma.

Cosa ti ricordi di quegli anni?
Ah, a Ravenna ho tantissimi ricordi. La prima cosa che mi viene in mente è che piansi per tutto il primo anno che ho vissuto lì! Ma poi ho conosciuto tanti amici che ancora rivedo con piacere appena ne ho l’occasione; e devo molto anche ad un paio di proff che hanno creduto in me, non smetterò mai di essergli riconoscente per avermi sostenuta: grazie Roberto Braga e Mariangela Vandini! Una menzione particolare va agli Arcieri Bizantini: per me sono stati una famiglia, non solo maestri e compagni di tiro.

Come sei arrivata all’idea di fare l’imprenditrice?
Beh, non mi sono svegliata una mattina e mi sono detta “faccio l’imprenditrice”, anzi non saprei nemmeno se definirmi tale. Per caso assistetti nel 2012 alla presentazione del programma European Business Game (oggi EUCH) di Fondazione Flaminia, sfruttai un vizio di forma e riuscii a partecipare! Con Valentina Valbi e Giacomo Vianini realizzammo un bel progetto, che fu vincitore di quell’edizione. È stato utilissimo per imparare a dare una struttura progettuale alle decine di idee che tempestavano la mia mente e valutarne la fattibilità. Dopo l’università ho avuto esperienze lavorative borderline che mi hanno fatto seriamente mettere in dubbio le mie stesse capacità, le mie scelte fino a quel momento, e anche il mio modo di essere. In quegli ambienti non c’era spazio per la creatività, e mancavano i concetti di leadership e di team, che invece sono fondamentali per un ambiente lavorativo sereno e quindi per la produttività, la qualità del risultato, ma anche solo per il raggiungimento di un obiettivo. Un giorno mi sono ritrovata lontana da casa, terrorizzata dalla totale mancanza di prospettive e senza un soldo in tasca, è stato terribile. Poi nel giugno 2015 ho ricevuto una telefonata da Luca Ponzio. Sei mesi prima gli avevo mandato il CV per lavorare in Haltadefinizione, ma al contrario mi ha chiesto se volevo far parte di un team per realizzare un’impresa da zero. Ho chiamato mia madre, ho pianto una mezz’ora abbondante e, ovviamente, ho accettato.

Camilla con Giacomo e Valentina

Perché inventarsi un lavoro? L’esperienza di Memooria.
Ho passato anni a cercare la mia strada, e quando ho capito che non l’avrei trovata, alle mie condizioni e in tempi ragionevoli, ho pensato che crearsela non sarebbe stata una brutta idea.

Memooria è una società nata per rispondere a delle necessità inespresse, ma molto radicate, legate al mondo dei Beni Culturali. I primi mesi di vita del progetto, che abbiamo vissuto con Fondazione Cariplo, Fondazione Fitzcarraldo e Make a Cube con il bando IC Innovation Culture, li abbiamo dedicati proprio ad un’indagine approfondita dei diversi problemi del settore, e quindi alla ricerca di una soluzione. Inoltre, in questi oltre due anni abbiamo lavorato tanto anche sull’organizzazione del lavoro e sul team, che è estremamente variegato nell’esperienza, il settore e le competenze. Oltre a me e Luca, imprenditore con una forte passione per la cultura e le tecnologie digitali, ci sono Alberto Sanna, direttore del Centro di Tecnologie Avanzate per la Salute e il Benessere del San Raffaele di Milano, Giovanni Borelli, software architect e agile project manager, a cui si aggiunge un bel gruppo di persone che collaborano con noi a stretto giro. Dove altro potrei trovare un lavoro così creativo, in cui ogni giorno posso imparare qualcosa di nuovo e condividere la stessa visione assieme a soci, colleghi, partner e clienti?

Che consiglio daresti agli studenti di oggi. Con quale stato d’animo affrontare il mondo del lavoro?
Non avere paura di rivedere la propria posizione, smetterla di rincorrere la perfezione e accogliere i fallimenti come opportunità. Adottare questo atteggiamento è il miglior gesto che possiamo fare verso noi stessi e gli altri, perché ci permette di dare più spazio al confronto, vivere decisamente più rilassati. Cito Ed Catmull: “Il fallimento non è un male necessario. Infatti non è per nulla un male, è una conseguenza inevitabile del provare nuove strade”.

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