Ex studente Ceom (Civiltà dell’Europa orientale e del Mediterraneo), dei primissimi laureati a Ravenna, Andrea Giunchi, 34 anni, racconta di quegli anni universitari, del suo lavoro all’Eurosportello della Camera di Commercio di Ravenna e del suo percorso fino a qui, cominciando proprio dalla fine, dalla decisione, circa due anni fa, praticamente dal niente, di scrivere un libro, Il Premio, edito da Edizioni Moderna.
“L’ho scritto per mille ragioni, fondamentalmente per mettermi alla prova. È partito tutto da una giornata libera, bruciata senza far nulla di costruttivo, dalla considerazione che avrei potuto impiegare quel tempo diversamente. A far breccia su di me, un sito, edge.org, in cui ogni anno esperti e intellettuali si interrogano su grandi questioni.
Mi sono reso conto che spesso, pur di fronte a tanti gravi problemi, regna un assoluto immobilismo. Ne è nato questo libro che racconta il disperato tentativo di un uomo di salvare il mondo e che mi ha dato la possibilità di dare il mio contributo e di sollevare una questione. Molti libri infatti contengono risposte, mentre il mio racconto formula una domanda. Sono convinto che fare le domande giuste, sia più importante che proporre soluzioni”.
Appassionato di fantascienza, tecnologia, futuro, storia, geopolitica, Andrea lavora all’Eurosportello della Camera di Commercio di Ravenna dove si occupa di internazionalizzazione e fondi comunitari per le imprese. “Un impiego ‘mostruosamente’ curriculare rispetto al mio percorso universitario, tant’è che il mio primo incontro con Eurosportello è avvenuto proprio grazie a una borsa lavoro messa a disposizione da Fondazione Flaminia, che non ringrazierò mai abbastanza”, racconta.
E qui Andrea, risalendo a quando tutto è iniziato, si abbandona a un fiume di ricordi a occhi aperti. “Gli anni dell’università sono stati un periodo bellissimo. Lo rifarei tutta la vita. Da ravennate, un po’ mi dispiacque non fare l’esperienza del fuorisede: senza “l’internet” di oggi, che facilita i contatti e la possibilità di godere dell’offerta delle città vicine, rimanere in provincia pensavo avrebbe avuto certi limiti.
In realtà poi ho goduto dei molti vantaggi dello studiare in quegli anni a Ravenna: eravamo in pochissimi studenti, a lezione spesso intorno alla dozzina, il sabato mai più di tre, quattro. Non mi sento di esagerare se dico che la mia triennale è stata come una magistrale internazionale o un master. Livello altissimo. Con professori che sono riusciti a lasciarmi davvero tantissimo: tra gli altri Gozzi, Benvenuti, Bottoni, Vanoli, Martelli.
Lo straordinario è stato comunque il rapporto privilegiato che abbiamo potuto instaurare con i docenti. C’era da parte loro un’abnegazione incredibile e soprattutto la voglia di costruire un rapporto con noi. Con alcuni sono ancora oggi in contatto.
Questi proff non erano di base a Ravenna, e percepivo la loro fatica nello spostarsi e fare lezione a Ravenna, spesso per pochi studenti. Eppure,davvero, erano sempre a disposizione. Non mancavano mai neppure alle cene con gli studenti, mitiche cene di corso che qualche volta ho anche organizzato. Momenti indimenticabili, dove regnava la voglia di stare insieme.
Ci sentivamo una comunità. Un gruppo che voleva funzionare, coinvolgente e credo per tutti molto motivante: un buon esempio a cui mi rifaccio anche oggi.
Capite quanto io abbia ricevuto in più rispetto a un altro studente di qualsiasi corso di un grande Ateneo? Grazie alle condizioni che ho trovato nella mia città, ho potuto studiare a quelli che ritengo essere i massimi livelli raggiungibili da un corso di laurea triennale.
Anche come sbocchi occupazionali, il fatto di essermi laureato in una città non grandissima come Ravenna paradossalmente ha avuto dei bei vantaggi. Eravamo pochi e c’era allora, ma credo di poter dire anche oggi, un canale diretto con le realtà istituzionali e lavorative in cui potersi inserire”.
E l’esperienza di scrittore? Il Premio avrà un seguito?
“In questo libro ho messo tanto di me. Sicuramente non tutto. Quindi certo, proverò a replicare: ho alcune idee a cui voglio trovare una forma”.
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