Se ti hanno detto che sei un pazzo a iscriverti ad Archeologia perché non troverai mai lavoro; se, al di là del percorso di studio, a un certo punto ti sei sentito confuso, preso da mille dubbi e hai pensato di mollare. E ancora: se credi che per farcela, bisogna essere per forza Einstein. Allora leggi questa storia.
‘Perché non serve essere il migliore, avere un curriculum da capogiro, nel mondo c’è spazio per tutti. Basta crederci e mettere passione in quello che si fa: quello sì, fa la differenza. Io ne sono un esempio’.
A dirlo è Alberto Urcia, 34 anni, laureato in Archeologia a Ravenna che nel 2012, prima ancora di discutere la tesi, aveva già un contratto con l’istituto di Egittologia della celebre università americana di Yale.
‘A pensarci adesso, ancora non ci credo. Da tre anni lavoro all’interno del dipartimento di Near Eastern Languages and Civilizations dove sono responsabile della documentazione grafica e digitale di tutte le sezioni di ricerca dell’istituto. Il mio incarico è di acquisire, processare e rendere pubblicabili i dati di ciascun progetto, dividendomi tra i laboratori del campus e le spedizioni archeologiche in Egitto’.
‘Tutto è nato grazie ad AKAP (Aswan-kom Ombo Archeological Project), un progetto congiunto tra il Dipartimento di Archeologia di Bologna e Yale con l’obiettivo di supportare le ricerche archeologiche nell’Alto Egitto e nei siti dell’antica Nubia attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie. In questa occasione, sotto la guida del prof. Antonio Curci, rappresentante del campus ravennate, ho avuto modo di mostrare quello che sapevo fare alla ricercatrice Maria Carmela Gatto dell’università di Yale che mi ha proposto di presentare i nostri risultati a una conferenza al Metropolitan di New York. Non essendoci fondi disponibili per il mio viaggio oltreoceano, Maria ha chiesto a Yale di coprirne il costo. In cambio avrei dovuto processare alcune planimetrie di un altro loro progetto. L’accordo è andato a buon fine e dopo la conferenza io mi sono spostato a Yale per eseguire il lavoro richiesto. Una volta lì mi hanno chiesto di restare. A Ravenna sono tornato per laurearmi, poi però questo treno l’ho preso al volo’.
‘È vero, sono stato fortunato: io ero un bravo studente, non il migliore. Ma oggi posso dire che non è una condizione determinante. È più importante la passione che ci metti, quanto ci credi e soprattutto la volontà e capacità di saper comunicare con gli altri. Ho avuto un oggettivo vantaggio all’ interno dell’università a Ravenna: avere chi mi ha sempre spronato, dato fiducia e voluto il meglio per me e per questo dovrò sempre ringraziare il mio professore Antonio Curci che è stato nei miei confronti quello che tutti i professori dovrebbero essere con i loro studenti. Guardando indietro agli anni dell’università, ricordo di aver avuto tanti momenti difficili e tanti dubbi, soprattutto riguardo le prospettive lavorative che avrei potuto avere con una laurea in Archeologia. Eppure sono arrivato sin qui, non ho mollato, ci ho creduto, e anche se c’è ancora parecchia strada da fare, penso che la mia storia possa essere un incoraggiamento per chi sta studiando ora, come dimostrazione che seguire le proprie passioni e ottenere risultati è possibile. Una cosa non bisogna trascurare: arrivare sul mercato del lavoro ‘attrezzati’, cominciando a fare esperienze, soprattutto internazionali, e cercando di immaginarsi all’interno di una professione, già durante gli studi. Dopo la laurea è tardi.
Nel mio caso, a fare breccia sui miei datori di lavoro a Yale sono state proprio quelle competenze tecniche, basate sull’utilizzo di nuove tecnologie e sull’informatica applicata, che, caparbiamente, e spesso ritardando gli esami, mi sono voluto costruire durante l’università.
Commenti