Da Beni Culturali al Mar

di Federica Ferruzzi

Davide Caroli è il curatore del Mar di Ravenna, si è laureato in  Conservazione dei Beni culturali nel 2002 con una tesi oggi pubblicata nel catalogo generale dedicato a Mattia Moreni.

Dell’università ricorda il rapporto diretto con i professori e gli incontri in pasticceria prima delle lezioni: “Quando mi sono iscritto, la facoltà era stata istituita da poco, non era più un semplice corso di laurea di lettere e si sentiva questa novità nell’aria di cui tutti gli studenti erano molto orgogliosi. Essendo tutto  nuovo, c’era molto da scoprire perché mancava un vissuto a cui attingere dagli studenti più vecchi”.

Davide Caroli

“Se mi guardo indietro rifarei tutto: non eravamo numeri ed era possibile ‘approfittare’ in maniera diretta del sapere dei professori”.

Faentino, negli anni trascorsi da studente Davide è stato pendolare. “Questo ha condizionato il mio rapporto con la città e l’università. Arrivavo la mattina per frequentare le lezioni, poi restavo a Palazzo Corradini o al seminario a studiare con gli amici e, considerando che gli spazi a disposizione degli studenti erano molti meno di quelli di oggi, a volte eravamo costretti a trasferirci a casa degli amici fuori sede e studiare lì”.

davide caroli

“Anche allora, come oggi, c’erano professori veramente bravi e preparati. Alcuni insegnamenti obbligatori erano affollatissimi e non c’era quindi molta possibilità di relazione diretta con gli insegnanti; per quanto riguarda le materie a scelta, invece, poteva capitare di trovarsi a lezione anche solo in 10-15. Ricordo ad esempio che l’insegnamento di storia dell’arte contemporanea III fu tenuto per alcuni anni dal prof. Flaminio Gualdoni con il quale poi mi sono laureato e, trattandosi di un corso molto specializzante per l’indirizzo contemporaneo, abbiamo raramente superato il numero di 20 studenti: eravamo un piccola classe e avevamo instaurato con il prof un rapporto tale che ci si trovava un paio d’ore prima di lezione al bar del Duomo per farci raccontare da lui i segreti del mestiere e condividere racconti e curiosità”.

Conservazione a Ravenna ha sempre avuto una forte attrattiva anche fuori dai confini locali:

Ricordo che la comunità studentesca era formata da tanti ragazzi e ragazze provenienti da posti molto diversi.

Tra i miei amici c’erano marchigiani, pugliesi, calabresi, trentini e romagnoli e, come immagino per tanti altri colleghi, si era creato un gruppo che ancora oggi si tiene in contatto. Con alcuni di loro avevamo anche fondato un’associazione studentesca, lo Studentpoint, che offriva servizi per gli studenti, come ad esempio i banchetti di accoglienza matricole per aiutarli ad orientarsi con la compilazione del piano di studi e gite per vedere mostre e siti che magari avevamo studiato a lezione; con alcuni di questi amici eravamo anche rappresentanti degli studenti negli organi di facoltà”.

Anche nel suo caso, come spesso capita, l’idea di cosa fare da grande è arrivata durante il percorso di studi. “Quando mi sono iscritto a Conservazione non avevo chiaro cosa avrei voluto fare come lavoro, però studiando certi argomenti e confrontandomi con alcuni professori ho maturato la convinzione che avrei voluto lavorare in un museo. Quindi dal giorno dopo essermi laureato mi sono mosso per realizzare questo obiettivo, e grazie ad un corso di formazione ho avuto la possibilità di svolgere uno stage al MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna in occasione dello smontaggio della loro prima grande mostra, è stata un’esperienza molto bella e mi ha fatto capire che era proprio quello che avrei voluto fare. Per fortuna poi, dopo quell’esperienza, ho avuto modo di collaborare con il museo in varie forme fino al 2010 anno in cui, grazie ad un concorso, ne sono diventato il responsabile dell’ufficio mostre”.

Guardando indietro, Caroli non ha dubbi e risceglierebbe Ravenna per affrontare il suo percorso di studi. “Rifarei assolutamente la mia scelta: trattandosi di una piccola città e una piccola università ho trovato tutto molto a misura di studente: non eravamo quasi mai solo numeri ma era possibile ‘approfittare’ in maniera diretta del sapere dei professori. Questo sarà forse possibile anche in città più grandi, ma immagino che riuscire ad avere un rapporto così diretto con alcuni maestri richieda un lavoro più impegnativo. L’unica criticità su Ravenna è stata, ed è ancora oggi che continuo ad essere pendolare, la difficoltà a raggiungerla con il treno. Per il resto penso che questa città abbia le carte in regola per essere considerata universitaria e mi sembra che il fiorire di nuove iscrizioni registrate negli ultimi anni siano il segno di come questa sia una percezione diffusa”.

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