Tennis e viaggi: questione di Chimica

di Federica Ferruzzi

Sulla scrivania del suo piccolo studio, nello storico ed elegante palazzo Santa Croce di via Guaccimanni, accanto a volumi rilegati spicca un colorato Topolino, ma le sue inclinazioni principali rimangono il tennis e i viaggi. E forse una certa manualità nel fare maschere facciali alle signore, acquisita in una profumeria romana negli anni ’70.

“A dire il vero quel fumetto è del 2011 ed è qui perché è interamente dedicato alla chimica” spiega sorridendo Rocco Mazzeo, coordinatore del corso di laurea magistrale in Science for the conservation – restoration of Cultural Heritage con la passione per “gli aspetti antropologici della vita. Lo sport e i viaggi possono sembrare due universi distinti, ma non lo sono. Mi piace viaggiare per scoprire e capire meglio le persone, capacità che si rivela molto utile anche sulla terra rossa: al di là delle qualità tecniche, infatti, per vincere può essere decisivo riuscire ad intuire se l’avversario ha debolezze umane. Il tennis, infatti, è prevalentemente un gioco di testa”.

Mazzeo e il basket

Mazzeo n.9 e il basket

“Lo sport è sempre stata una parte importante della mia vita fin da piccolo: sono stato una promessa del basket, ma ho dovuto rinunciare per colpa di un piccolo soffio al cuore. A dire il vero, però, il mio sport preferito è sempre stato il tennis, quello che Gianni Clerici ha definito ‘lo sport dai gesti bianchi’ e che negli anni ’60 era appannaggio di una piccola élite. Per questo, bambino, mi limitavo a guardare chi giocava oltre le alte siepi di una delle ville più importanti di Potenza, rubavo immagini che anche nei miei ricordi sono rimaste bianche fino a quando mi sono trasferito a Roma.

Erano gli anni Settanta e, per arrotondare, trovai un piccolo lavoro in una profumeria, dove facevo maschere facciali alle signore. Il proprietario del negozio, come me, era un appassionato di tennis e mi regalò tutto il necessario per giocare, dalle racchette ai pantaloncini”.

La passione per il tennis, “che pratico a livello amatoriale-agonistico”, Mazzeo l’ha portata con sé anche nei suoi viaggi, che hanno però di fondo un unico obiettivo legato al patrimonio culturale. “Ho visitato 38 paesi e da Zanzibar alla Cina ho sempre giocato a tennis”. Dal 1998 al 2002 è entrato a far parte dell’Iccrom, il “braccio armato della Conservazione e del Restauro dell’Unesco. Questo mi ha permesso di viaggiare ulteriormente. Prima di questa esperienza ho vissuto in Cina, dove ho seguito il centro di Restauro di Xi’an per circa tre anni. Di quel periodo ricordo la povertà dei luoghi e il fatto che mi sentissi di aver percorso un viaggio a ritroso nel tempo: la Cina degli anni ’90 ricordava incredibilmente il sud povero degli anni ’60 dove sono cresciuto. Ora torno tutti gli anni in veste di insegnante e sono io, paradossalmente, a raccontare ai miei alunni i veloci cambiamenti a cui ho assistito in questi anni. Ogni volta in cui tornavo trovavo qualcosa di diverso: in due mesi, ad esempio, era sorto un nuovo grattacielo. Inoltre il traffico era assordante, al punto che, nel 2001, venne emanato un editto per impedire alle auto di suonare il clacson a partire dal luglio di quello stesso anno. Ricordo che andai a letto il 30 giugno con un feroce mal di testa e mi svegliai il primo luglio in un silenzio irreale”.

La sua passione per la Cina

La sua passione per la Cina

Dell’esperienza in Corea del Nord, dove andò dal 2003 al 2006, Mazzeo ricorda invece le auto inesistenti e le grandi corsie vuote. “Partivo con valigie che pesavano 20 kg e tornavo con neanche 5 kg di bagaglio: le persone non potevano vestirsi come volevano, per questo portavo loro abiti occidentali che però potevano indossare solo al chiuso delle proprie case. Eravamo tutti in un completo isolamento, erano settimane che trascorrevo letteralmente fuori dal mondo”.
Di Teheran, invece, Mazzeo ricorda gli occhi di venti donne a cui, nel ’98, tenne un corso sulla resistenza dei metalli. “Erano lezioni che rientravano nell’ambito di un progetto rivolto esclusivamente alle donne, e che si svolgevano in una oasi nel deserto. Mi sembrava di avere di fronte un branco di corvi, perché tutte erano fasciate da coprenti tuniche scure. Quando però il padre di una di loro, che era un collega, mi portò alla cena di fine del corso, rimasi di stucco nel vederle tutte truccate e con le calze a rete . Viaggiare riserva sorprese che uno non si aspetta ed è per questo che, col tempo, ho affinato la ricerca antropologica abbinandola all’amore per il patrimonio”.

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