Se la ricorda ancora Annalisa l’ultima lezione ‘normale’ prima del lockdown dell’università. Era il 21 febbraio e in aula c’era il prof. Neve che spiegava Geografia. “Da quel momento – spiega la studentessa – nulla è stato come prima per noi universitari. Le lezioni sono gradualmente riprese, ma solo a distanza. E così anche per gli esami e persino le lauree”.
Annalisa Guarino è iscritta alla laurea triennale in Beni Culturali, vive a Ravenna dal 2017, viene dalla Sicilia ed è la presidente dell’associazione studentesca UniversiRà. Spiega cosa è cambiato dal Coronavirus in poi e cosa le manca della sua università.
“Seguiamo le lezioni on line, il sistema funziona ed è partito velocemente, ma non è lo stesso. Non sei più in aula che per me è il fulcro, lo spazio in cui avviene lo scambio, il confronto, l’interazione tra noi studenti e il docente. A distanza non c’è la possibilità di discutere, di intervenire se non attraverso messaggi. Persino il tono della voce dei proff. è diverso. Non ci vedono, non vedono i nostri occhi, non leggono le nostre espressioni. Che possono fare? Parlano, parlano e parlano, senza battute, senza scambio di parole, e tutto è più freddo. Mi manca il faccia a faccia con i proff.”.
“Anche gli esami si svolgono con la stessa modalità, tra problemi di collegamento e inceppamenti tecnici, sei sempre tu e il tuo pc, tutto più noioso e formalizzato”.
Le lezioni e gli esami non sono le uniche attività a essere state digitalizzate. Anche le sedute di laurea ora si fanno a distanza. Annalisa spiega che molti tesisti con progetti sperimentali ora si trovano nella più assoluta incertezza, nel dubbio se poter proseguire su quella strada, al momento non più praticabile, o meglio a data da destinarsi, o cambiare addirittura argomento ripiegando su elaborati che non richiedono lavoro di laboratorio o sul campo.
“La discussione in sé poi è qualcosa di surreale: è in teoria il momento più bello per uno studente, il coronamento di un sogno, di un percorso costato fatica, io immagino che tutti vorrebbero condividerlo con i propri familiari, farli sentire orgogliosi del proprio traguardo, e magari vedere anche la commozione nei loro occhi. Invece sei tutto solo, nel migliore dei casi con dei coinquilini o con i genitori se a casa propria, ma senza cori, festeggiamenti e… abbracci . Che tristezza”.
Persino studiare è cambiato da due mesi a questa parte. “Qualcuno dice che a casa riesce a concentrarsi meglio, ma per tanti la chiusura delle biblioteche è significato una grande perdita. Una perdita che non si misura solo in libri e materiali a cui ora non si può accedere, o nell’impossibilità di avere un posto dove andare a studiare. C’è tutto un mondo che è venuto meno: passare a vedere chi c’è, incontrarsi e scambiarsi opinioni, fermarsi fuori, far amicizia. Questo è per noi il ‘Corradini’.
La nostalgia della vita universitaria è tanta: “A me come a tanti fuorisede manca la mia famiglia adottata, quella degli studenti qua a Ravenna, vedersi con gli altri dentro e fuori le aule, le nostre piccole routine, fare gruppo, scendere al bar per la colazione insieme, le nostre cene, e tante altre cose”.
“Mi mancano le riunioni con l’associazione e noi tutti seduti intorno al tavolo, a lanciarci da una parte all’altra la ciotola delle patatine, mentre si organizzano eventi, ci diamo da fare per accogliere i nuovi studenti o migliorare la vita di quelli che già ci sono. Ora ci sentiamo solo on line e abbiamo dovuto stravolgere tutte le iniziative che avevamo programmato per quest’anno ”.
E questo perché per Annalisa l’università è non solo studiare o dare gli esami, “l’università è stimoli, è fuori dal computer, è ciò che nasce dal confronto, dallo scambio, dallo stare insieme, è partecipare a eventi, conferenze, è vita reale”.
L’università attraverso una piattaforma non vibra.
Neppure ai docenti piace questo sistema. “Si avverte perché spesso perdono la pazienza, si lasciano scappare un ‘così non va’”. Tuttavia ci sono vicini e ci vengono incontro nelle esigenze causate da questa situazione. Lo è anche il Rettore che ci ha mandato fin dall’ inizio messaggi di incoraggiamento”.
Molti studenti hanno lasciato Ravenna e i loro appartamenti e hanno deciso di seguire le lezioni da casa, anche perché non fa differenza. “Io no – spiega Annalisa – io resto qui. Io ho messo la mia vita qui. Qui ho creato un’altra mia casa. Ed è anche questo il senso dell’università come la intendo io, è anche questa l’opportunità che l’università ti offre: vivere, ma anche far vivere la città e l’ambiente in cui la frequenti, ricevere per dare, in uno scambio credo alla pari”.
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