Qui in Olanda il mio sogno ‘ad alta voce’

di Michela Casadei

La vita è troppo precaria per non essere coraggiosi. A dirlo è Maria Chiara Miccoli, laurea in Storia e Conservazione delle Opere d’Arte, che un anno e mezzo fa, nel bel mezzo della pandemia, ha deciso di lasciare Ravenna e l’Italia per volare in Olanda e raggiungere qui un traguardo importante per i suoi 35 anni: una nuova laurea in Storia dell’Arte contemporanea alla Vrije Univesiteit di Amsterdam che poi è stata il trampolino per tante soddisfazioni, prima fra tutte la collaborazione alla VU Art Science Gallery come co-curatrice della mostra 0 Starting from Zero.

Maria Chiara Miccoli

Chiara, come è nata l’idea di partire per l’Olanda e cosa significa vivere in un altro Paese?

Era ormai qualche anno che pensavo di espatriare. Per quanto amassi Ravenna, ero arrivata ad un punto di totale stallo sia professionale che personale. Pur avendo lavorato per anni nel settore culturale la mia carriera non stava avendo nessun tipo di crescita, o svolta; inoltre, sentivo che a livello accademico mi mancava qualcosa. La mia laurea magistrale in Storia e Conservazione delle Opere d’Arte a Ravenna risale al 2012, sono cambiate tantissime cose negli ultimi nove anni, e sono cambiata anche io. Inoltre, con l’avvento del Covid-19, ho perso quasi istantaneamente il lavoro. Così, ho promesso a me stessa che avrei raggiunto un traguardo importante per i miei 35 anni. A febbraio 2020 ho provato a fare un test d’ingresso per entrare nel corso a numero chiuso di laurea magistrale in Storia dell’Arte Contemporanea alla Vrije Universiteit di Amsterdam. E sono stata accettata. Sono così iniziati gli studi per la certificazione C1 del Toefl, e gli esami aggiuntivi per convalidare l’accettazione al corso. Dopo due mesi è arrivata la conferma definitiva; così sono cominciati i preparativi per la partenza. Decidere di espatriare durante una pandemia globale non è stato semplice. Il pensiero era soprattutto rivolto alla mia famiglia, che sono riuscita a vedere solo pochi giorni tra il 2019 e il 2020 a causa dei vari lock down e sospensioni dei traffici aerei. Ho pensato anche tanto alle amicizie che ho costruito in dieci anni a Ravenna, ai miei legami. Ma la vita è così precaria che non c’è tempo per non essere coraggiosi. L’impatto di vivere in un paese straniero dove non conoscevo nessuno e dove le norme legislative che regolano ogni settore sono diverse da quelle italiane, è stato sicuramente forte. Ma mi piace mettermi alla prova e uscire dalla mia zona di comfort. Vivo lontana dalla mia famiglia da quando ho 18 anni, questo mi ha sicuramente fortificata e resa autonoma per le esperienze future.

Come sei arrivata alla VU Art Science Gallery?

E’ cominciato tutto con uno stage come assistente curatrice presso il dipartimento artistico della Vrije Universiteit. L’Università era allora impegnata nella costruzione di uno spazio espositivo dove poter incentivare la collaborazione tra artisti, scienziati, e ricercatori tramite mostre ed eventi. Siccome la Vrije Universiteit non ha corsi d’arte, la galleria non è intesa come spazio dove esporre i lavori di fine corso degli studenti, bensì come una galleria d’arte a tutti gli effetti dove il lavoro di artisti professionisti incontra il mondo della ricerca, sia essa artistica che scientifica e la comunità sia locale che internazionale. Come obiettivo principale dello stage dovevo strutturare il concept di una mostra avente come tema lo zero. Essendo una tematica molto complessa ed assiale a più discipline, ho approcciato il mio compito innanzitutto da un punto di vista di ricerca storiografica, arrivando in seguito a proporre artisti ed opere interessanti ai fini espositivi. Wende Wellart, direttrice e curatrice della VU Art Science Gallery, mi ha subito dato molta fiducia e libertà di iniziativa, incentivandomi a svolgere il mio lavoro come meglio credevo. Così, il mio lavoro ha finito per essere molto di più di quanto richiesto, venendo particolarmente apprezzato sia da Wende che dai vari partner coinvolti nel progetto. Si è quindi deciso di coinvolgermi nell’organizzazione di questa mostra a trecentosessanta gradi, proseguendo la mia collaborazione anche una volta finito lo stage e riconoscendomi il ruolo di co-curatrice della mostra 0 Starting from Zero.

VU ART GALLERY-STARTING FROM ZERO-PH.Gert Jan van Rooij

Cosa significa fare il curatore di una mostra d’arte?

Curare una mostra d’arte significa mettere in pratica le proprie conoscenze in ambito storico artistico, filosofico, storico e letterario per comunicare un concetto tramite una serie di scelte artistiche, espositive, e divulgative. Significa collaborare con più figure professionali per far sì che queste scelte vengano comunicate al meglio possibile, imparando a delegare compiti e a dare fiducia ai propri collaboratori. Il lavoro di curatrice è estremamente trasversale, fatto di relazioni e connessioni, che copre i vari stage organizzativi, da quello prettamente ideativo a quello focalizzato sulla promozione e comunicazione. Significa avere chiaro in mente cosa si vuole raggiungere e come raggiungerlo. E’ un lavoro che offre moltissime occasioni di accrescimento sia professionale che personale.

Cosa provi a essere arrivata fin qui?

Sono incredibilmente contenta di quello che sono riuscita a raggiungere e della direzione che la mia carriera ha intrapreso nell’ultimo anno e mezzo; ma, se devo essere sincera, non mi sento arrivata da nessuna parte. Vedo il mio percorso come in totale divenire e sono assolutamente aperta ad abbracciare le possibilità che mi si apriranno in futuro. Mi piace vivere in Olanda e sto imparando moltissimo da questa esperienza, non escludo però di spostarmi altrove, o magari tornare in Italia e contribuire a dei progetti nazionali favorendo un approccio multidisciplinare e multiculturale.

Ci racconti il lavoro fatto per allestire la mostra nella pratica?

Il lavoro pratico di allestimento è stato fatto da art handlers professionisti che lavorano in questo settore da decenni. Io e Wende abbiamo supervisionato i lavori per assicurarci che tutto andasse correttamente e come previsto. Il lavoro più significativo ed interessante a livello di progettazione dell’allestimento è stato fatto in una fase precedente in collaborazione con un team di architetti che ha proposto, in base alle caratteristiche e dimensioni delle installazioni da esporre, varie opzioni espositive tra le quali scegliere quella che ci sembrava più adatta. Per aiutarci a visualizzare meglio le varie proposte, oltre ai modelli grafici in CAD, gli architetti avevano costruito un modellino 3D della galleria, con tutte le opere in miniatura, i muri mobili da poter spostare, e anche le miniature dei visitatori per simularne i movimenti all’interno dello spazio espositivo. Credo che ricorderò sempre quel giorno, é stata per me un’emozione grandissima!

VU ART GALLERY-STARTING FROM ZERO-PH.Gert Jan van Rooij

Quali sono state la soddisfazione e la difficoltà più grandi?

La soddisfazione più grande è stata quella di vedere riconosciuto il mio lavoro su più fronti. Credo che stessi aspettando questo momento da tantissimo tempo. E sapere di aver fatto tutto da sola, cominciando da zero in un paese estero, mi rende molto fiera. Purtroppo, però, in questo anno e mezzo, complici i moltissimi impegni, non ho avuto ancora modo di frequentare dei corsi per imparare l’olandese. E non parlare la lingua della nazione in cui si vive (se non per dire cose basilari inerenti la vita di tutti i giorni) rappresenta un grossissimo gap, e può costituire un elemento di forte svantaggio a livello lavorativo. Spero di poter riparare presto a questa mancanza.

È quello che desideravi? All’università nel tuo futuro sognavi di raccontare l’arte alla gente….parola di nostro post del 2015!!!

No, è molto di più. Ho sempre creduto nelle mie capacità, ma non avendo mai avuto dei riconoscimenti in ambito accademico o lavorativo ho sempre aspirato al minimo. Quando immaginavo di parlare d’arte alla gente lo immaginavo in maniera molto più sommessa. Vivo in Olanda da un anno e mezzo e in questo periodo sono riuscita a pubblicare due articoli scientifici su due riviste accademiche di Storia dell’Arte, ho pubblicato un podcast per l’agenzia QKunst che ha curato la direzione artistica della campagna d’arte pubblica della metropolitana di Amsterdam, e ho ricoperto il ruolo di guest-editor per una rivista accademica, anch’essa specializzata in Storia dell’Arte. Ho inoltre avuto la possibilità di curare una mostra e di coordinare un programma di eventi culturali legato alla VU Art Science Gallery. Questo è sicuramente molto più di quello che desideravo e mi aspettavo. Ovviamente, lavorare nel settore cultura vuol dire essere completamente consapevoli di come esso sia soggetto a delle fasi ascendenti e discendenti. Non mi aspetto certo di avere sempre questi periodi di successi e soddisfazioni. Ma sicuramente sto lavorando sodo per costruire un curriculum solido da poter spendere al meglio in futuro.

Dove ti immagini fra dieci anni? Qual è il tuo sogno?

Tra dieci anni spero di ricoprire un ruolo all’interno dell’accademia. Spero che il mio percorso accademico non si fermi qui, ma che anzi prosegua e si espanda in direzione dell’insegnamento universitario interdisciplinare. Sogno ancora di parlare d’arte alla gente, ma adesso sono anche consapevole degli argomenti che vorrei trattare, approfondire, e dei quali far appassionare gli storici dell’arte che come me vedono questo lavoro come in continua evoluzione.
L’ultima volta che ho espresso un desiderio “ad alta voce”, la Fondazione Flaminia mi ha portato fortuna…..chissà questa volta!

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