Roberto e Irene nel nome di Erasmus Plus

di Federica Ferruzzi

Lui è Roberto, ingegnere oggi a Dublino, lei Irene, a Bruxelles con una laurea magistrale in Cooperazione internazionale e tutela dei diritti umani. Le loro storie sono intrecciate dal progetto Erasmus plus, che li ha proiettati in Europa.

Un contratto a tempo indeterminato con posizione di “Site Engineer”, macchina aziendale, carta benzina illimitata, 2.100 euro al mese con prossimo aumento a settembre. E pensare che il percorso di studi intrapreso da Roberto Lamonaca, ingegnere, era iniziato con una scelta sbagliata: facoltà di Economia.

Robarto Lamonaca

Roberto Lamonaca

“Non so dire il perché di questa scelta poiché fin da piccolo avevo il pallino per le costruzioni e per tutto ciò che richiedeva montaggio e smontaggio. Questa scelta sbagliata mi è costata un anno perso; molti direbbero ‘che peccato’, ma io considero quello sbaglio una illuminazione e un trampolino di lancio.

L’aver ‘perso tempo’ in qualcosa che mi annoiava tremendamente non ha fatto altro che motivarmi e spingermi verso ciò che realmente mi appassionava: gli edifici. Mi sono così iscritto alla facoltà di Architettura-Ingegneria della Sapienza e ho seguito un corso di studi denominato ‘Project Management – Gestione del processo edilizio’.

“Finiti i 3 anni non ho avuto dubbi: volevo continuare a studiare per raggiungere il mio grande sogno, avere un’impresa tutta mia. Ho deciso così di scegliere il percorso di studi che più si avvicinava alla passione per la managerialità e alle costruzioni in generale, anche se ciò avrebbe comportato lasciare la mia città, famiglia e amici. Così sono finito a Ravenna, frequentando il corso di studi in Ingegneria dei processi e dei sistemi edilizi.
Ho partecipato così alla selezione del tutor per gli studenti internazionali, risultandone vincitore, e mi sono imbattuto infine in ciò che mi ha letteralmente cambiato la vita: il bano per tirocini in Europa.

Ne avevo colto la bellezza e la possibilità di qualcosa di grande da sempre, ma non pensavo fino a questo punto. Sapevo che dovevo sfruttare al massimo quella occasione in quanto una esperienza simile sul curriculum avrebbe sicuramente fatto la differenza per iniziare ad addentrarmi nel mondo del lavoro. Ho così sperato e cercato di risultare vincitore e, per una serie di fortunati eventi, ce l’ho fatta.

Dopo aver vinto la borsa pensavo che la strada sarebbe stata in discesa, ma così non è stato. La ricerca dell’impresa ospitante non è stata facile.

Poi, grazie al prezioso aiuto dell’orientamento pre partenza, è arrivata finalmente la chiamata inaspettata. Dopo qualche giorno la proposta si è concretizzata e sono finalmente partito per la verde Irlanda.

Inizialmente è stato difficilissimo.

Ho cercato di fare sempre più di quello che mi veniva richiesto e a volte prendevo iniziative particolari, un rischio ovviamente, ma che spesso è essenziale per essere notati.

La mia volontà di fare di più è stata riconosciuta dopo 3 settimane. Mi hanno così messo alla prova.

Ammetto che avevo paura di sbagliare, si trattava di dirigere l’esecuzione di parte delle fondazioni di un edificio, ciò significava mettere in pratica quello che avevo imparato in 3 mesi, ma anche fare molto di più e metterci soprattutto del mio per utilizzare al massimo gli strumenti da cantiere, per dirigere i 5 operai e per controllare che tutto andasse nel verso giusto.

Roberto in cantiere

Roberto in cantiere

E’ arrivata così la prima proposta, i primi 200 euro a settimana. Chi poteva aspettarselo? Era tantissimo, ero al settimo cielo. Quei soldi non hanno fatto altro che motivarmi sempre di più e,  dopo un mese da quella proposta, ne è arrivata un’altra, molto più importante.

Sembrava un sogno.

400 euro a settimana e un contratto fino a fine cantiere. Poi l’ultima proposta. Ecco come si è concluso il mio tirocinio ed ecco perchè sarò sempre debitore ai promotori del bando.

Mi avete cambiato la vita e vi ringrazio di cuore.

Non sto dicendo che sarà così per tutti, ma dico che se non provate non otterrete, se non vi impegnate non crescerete e se non vi buttate, non scoprirete posti e mondi talvolta migliori”.

“(…) I l’Europa fusti sempi nnamurata / pe chiusto l’esami ti facisti tutti a na tirata”.
Irene De Laurentiis prende in prestito le parole di una poesia scritta da un amico calabrese per raccontare la sua passione per gli studi che l’hanno portata, oggi, ad un tirocinio – appena riconfermato – a Bruxelles.

Irene De Laurentiis a Bruxelles

Irene De Laurentiis a Bruxelles

“Sono partita dall’Italia il 4 gennaio alla volta di Bruxelles – racconta – grazie ad una borsa per tirocini erogata nel quadro dell’Erasmus plus. La notizia della vincita della borsa mi è giunta esattamente un anno fa.

Peccato rimanessero ‘soltanto’ otto esami ed una tesi da scrivere… entro la metà di ottobre (ebbene sì: il tutto, in quattro mesi e mezzo)! Il relativo ritardo sulla tabella di marcia era dovuto ad un tirocinio svolto nei mesi precedenti presso il Parlamento Europeo di Strasburgo.

E’ durante quei mesi che, per parafrasare il mio amico, mi sono innamorata dell’Europa, o meglio, del suo mito fondativo, di un progetto fatto di petits pas (come li definitì Robert Schuman nel 1950), ad oggi troppo spesso disatteso in nome di emergenze contingenti che non lasciano spazio ai grandi disegni politici dei Padri fondatori.

Irene De Laurentiis a Strasburgo

Irene a Strasburgo

La scelta della Laurea Magistrale in Cooperazione internazionale e tutela dei diritti umani è stata precipitosa, ma non sono pentita.

A Ravenna ho incontrato professori che sono diventati maestri di vita e fonte di ispirazione e stima, tra questi i professori Raffaele Salinari e Gustavo Gozzi, che ho letteralmente travolto nel tour de force della mia tesi dal titolo ‘La cooperazione internazionale allo sviluppo nell’era della sostenibilità. Quale ruolo per l’Unione europea?’.

Il loro appoggio è stato fondamentale perché potessi portare a termine il mio percorso di studi rispettando le scadenze del bando di tirocinio brussellese: il loro semplice non averne mai messo (almeno esplicitamente) in dubbio la fattibilità, è stato per me lo stimolo necessario a procedere per la mia strada, concludendo poi al meglio, con lode.

E’ stato poi durante l’ultimo biennio ravennate che, dallo studio della teoria e delle tecniche della cooperazione allo sviluppo, sono nate la passione e l’attenzione che mi accompagnano tutt’oggi verso le varie dimensioni del concetto di sostenibilità (ambientale, sociale, economica), compresa quella progettuale.

La progettazione è l’ambito che intendo coltivare in via prioritaria nella costruzione del mio futuro professionale.

L’organizzazione che mi ospita è l’unica rete europea fondata su un partenariato tra autorità pubbliche (nello specifico, città e regioni) ed organizzazioni dell’economia sociale (cooperative, fondazioni, associazioni, imprese sociali), e si occupa della promozione dei valori dei propri membri nei confronti dei policy maker europei e nazionali, ma anche di formazione, sperimentazione, scambio di buone pratiche e di gestione di progetti europei.

La cosa straordinaria è però che potrò beneficiarne ancora per un po’, perché dopo appena due mesi dall’inizio del tirocinio, mi hanno proposto di restare.

Bruxelles è una città complessa e per certi aspetti contraddittoria, con la quale mi misuro ogni giorno, alla perenne ricerca di un equilibrio tra le mie ambizioni e la trappola della disillusione nella quale vorrebbe indurmi il particolare periodo storico.

Ero a Bruxelles anche il 22 marzo scorso, giorno dell’attentato.

Quella mattina sono uscita più tardi del solito per andare a lavoro per rispondere alle prime telefonate e ai messaggi arrivati dopo l’esplosione in aeroporto.

Fortunatamente, quindi, mi ero appena incamminata verso la stazione della metropolitana, quando la telefonata della mia proprietaria di casa mi ha riferito della seconda esplosione, e non mi trovavo sul mezzo.

Il motivo di maggior apprensione, nel periodo successivo, è stato più legato al dispiacere e ai sensi di colpa nei confronti delle persone più care, che per la prima volta in 24 anni mi hanno chiesto di rivalutare e ripensare a certe scelte, che non alla preoccupazione per la mia stessa incolumità. Da allora, comunque, ho ridotto al minimo indispensabile l’uso di certi mezzi di trasporto e la frequentazione di alcuni posti pubblici, almeno nelle ore di punta”.

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Lui è Roberto, ingegnere oggi a Dublino, lei Irene, a Bruxelles con una laurea magistrale in Cooperazione internazione e tutela dei diritti umani. Le loro storie sono intrecciate dal progetto Erasmus plus, che li ha proiettati in Europa.