Archeologa al Barbican Art Gallery di Londra

di Martina Francucci*

Sono partita il 2 aprile 2019 dall’aeroporto di Ancona, destinazione Londra. Di lì a pochi giorni avrei iniziato il mio tirocinio presso l’Art Gallery del Barbican Centre. Quando mandai la domanda per il progetto Erasmus+ Giovani Cittadini d’Europa lo feci quasi per gioco. Pensavo: “figurati se selezionano me, un’archeologa fissata con i morti, dall’inglese sgrammaticato, per uno stage in una galleria d’arte contemporanea”. Eppure ero stata selezionata. Io, che di arte contemporanea non ho mai capito nulla.

Martina a Londra

Durante il volo le preoccupazioni erano tante: ce l’avrei fatta? Mi sarei ambientata? Sarei stata all’altezza? Ho pianto in quella sottospecie di cubicolo che sugli aerei chiamano “bagno”.
Londra mi ha accolta con una bellissima giornata di sole, una leggera brezza e l’odore di smog.
Il primo giorno ero terrorizzata al punto da non riuscire a spiccicare mezza frase in senso compiuto. I sorrisi incoraggianti dei miei futuri colleghi mi hanno aiutata a “sbloccarmi” dopo pochi minuti dal mio arrivo. Ricordo ancora le loro facce sbalordite quando dissi loro di essere laureate in archeologia: da lì sono piovute le domande, curiose, vivaci e anche un po’ bizzarre. Due mondi si stavano incontrando nella City of London e io, in qualche modo, ne ero protagonista.

Sono stata subito affiancata al team che si sarebbe occupato dell’installazione di una mostra su Lee Krasner (che io non avevo mai sentito nominare ndr). Ross, Charlotte, Andrew ed Eleanore hanno fatto si che venissi inserita subito nelle dinamiche della preparazione dell’esibizione. Planimetrie, prospetti, percorsi, riunioni, cataloghi, tutte nozioni che avevo appreso solo in teoria nel percorso di studi uscivano dai cassettini della memoria per essere, finalmente, messi in pratica.

Le due settimane di allestimento sono state le più intense di tutto lo stage, sentivo la pressione ed il nervosismo di tutto il team di allestimento. La mostra prevedeva l’esposizione di circa cento opere, tutte da catalogare all’arrivo e da seguire in ogni singolo passo, dal check sullo status di conservazione al posizionamento definitivo in sala. Alcune opere erano addirittura accompagnate da funzionari dei musei da cui provenivano, MoMA, National Gallery of Art, mica pizza e fichi!

Tanto più l’esposizione prendeva forma quanto più io mi innamoravo di Lee Krasner, meravigliosa donna che avevo imparato a conoscere nelle settimane precedenti. Artista eclettica, vivace, profonda la cui carriera è stata troppo a lungo oscurata dal ben più famoso marito Jackson Pollock. Una professionista che con le unghie e con i denti si è fatta strada in un mondo spesso maschilista. Alla serata inaugurale della mostra, alla mia amica Giulia che era venuta a trovarmi, mi è sembrato di parlare di Lee come di una vecchia amica.

Inaugurazione Lee Krasner Living Colour

Terminato l’allestimento i miei compiti si sono spostati verso una nuova mostra: Masculinities. Alona e Chris, i curatori, mi hanno affidato delle ricerche su vari artisti che sarebbero stati esposti. Ogni giorno mi alzavo pimpante, non vedendo l’ora di passare le giornate alla Barbican Library o alla British Library. Alona, in particolare, mi ha coinvolta anche nel lavoro di selezione delle opere e, con un pizzico di orgoglio, posso dire che una delle fotografie esposte dei Bodybuilders di Akram Zaatari è stata selezionata proprio da me.

Le settimane sono passate in fretta, non sentivo quasi più il peso degli interminabili viaggi in metro (che ogni tanto faceva dei casini immani, giusto per non farti mancare i disagi di Trenitalia). Settembre è arrivato troppo in fretta, ed il mio tempo al Barbican era ormai terminato. Il 6 settembre mi hanno salutata con un brindisi ed un bellissimo mazzo di fiori del mio colore preferito. Tra tutti il saluto più dolce e commovente è stato quello di Ross: “I would be lost without your help”. A quanto pare avevo avuto il super potere di mantenere saldi i suoi nervi durante l’istallazione della mostra.

E poi c’è Londra e la terra di Albione a fare da sfondo. Il British, la National Gallery e tutti i musei dove andavo anche appena uscita da lavoro. Le strade sempre piene di gente da ogni parte del mondo. I pub dove il venerdì gli impiegati delle banche andavano a sbronzarsi. Hyde Park e Regent’s Park dove la domenica mattina andavo a passeggiare bevendo cappuccino. Camden con i suoi colori. Primerose Hill, in assoluto uno dei luoghi e panorami che mi sono più rimasti nel cuore. E poi London Bridge, Tower Bridge e Southbank, regno di artisti di strada.
Londra è strana: ti circonda nel suo abbraccio come una madre e allo stesso tempo è densa e caotica. Questa metropoli rende estremamente labili e fallaci i rapporti umani. Non avere punti di riferimento, persone di riferimento, per i maniaci del controllo come me, è sempre stato deleterio.

Ringrazio Sabrina e Giulia per essere state mie compagne di avventura al Barbican Centre. Ringrazio Elena e Luana, che mi hanno fatta sentire a casa, ogni singolo giorno del nostro coinquilinaggio. Ringrazio Simone, cicerone e compagno di gita di Pasquetta a Westminster Abbey. Ultimi, ma primi per me, Educazione all’Europa, Fondazione Flaminia ed il Campus di Ravenna: questo pezzo di vita sarebbe stato impossibile senza di voi. Grazie.

 

*Martina Francucci, è laureata in Beni archeologici, artistici e museali. Grazie al progetto Giovani Cittadini d’Europa ha svolto un tirocinio di cinque mesi all’Art Gallery del Barbican Center di Londra.

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